lunedì 28 dicembre 2009

La Rabdomanzia. Parte III: Strumenti e modalità con cui è praticata in tutto il mondo


Sommario:

-Tavole di legno, babbucce e vecchie chiavi

-Il pendolo nel mondo

-Il corpo come strumento di divinazione


Anche se non in tutti i casi si può parlare di rabdomanzia (o di radioestesia), sono rimasta molto colpita nell'apprendere quante tecniche divinatorie con principi simili siano diffuse in tutto il mondo dalla notte dei tempi. 

La rabdomanzia e la radioestesia sono fondamentalmente basate su un sistema binario e su uno strumento il cui equilibrio è precario, caratteristica fondamentale perchè lo strumento in questione risponda prontamente ai movimenti più impercettibili dei muscoli del ricercatore rivelando il responso dato dalla sua consapevolezza superiore (vedi "I principi della rabdomanzia" nell'articolo La Rabdomanzia. Parte I: La Bacchetta del Rabdomante).

Dopo aver dedicato i post precedenti alla bacchetta da rabdomante e al pendolo, vediamo come in tutto il mondo sono stati ideati altri strumenti che rispondono a questi requisiti.


Tavole di legno, babbucce e vecchie chiavi

In certe zone dell'Africa troviamo uno strumento molto diverso sia dal pendolo che dalla bacchetta biforcuta: si tratta di una tavola di legno da sfregare sulla mano, o sul determinate parti del corpo. Quando la tavola si blocca, la risposta alla domanda posta all'oracolo è positiva. Se ci pensiamo, anche in questo caso la rottura di un equilibrio è sempre l'elemento rivelatore: la tavola striscia senza interruzione fino a quando un movimento involontario dell'indovino non la frena. Questo metodo è utilizzato in Sudan e nel Congo presso gli Azande, e nello Zimbabwe presso i Bemba. 

In Zaire presso gli Apagibeti le tavole da sfregare sono due, piatte e levigate e larghe come il palmo di una mano. Le tavole sono inumidite con acqua e una mistura di erbe: anche in questo caso vengono sfregate, e quando si bloccano l'indovino ottiene una risposta.


Anche in Afghanistan troviamo uno metodo molto particolare: in "Segni e presagi", il libro di cui vi parlavo nel post sul pendolo, l'autore narra un aneddoto affascinante ambientato a Kabul riportato da un testimone oculare, in cui la padrona di una ricca casa intende individuare fra i componenti della servitù l'autore del furto di un calice d'argento. 

Il rituale consiste in questo: chiamata la sorella, la padrona estrae da una borsetta di broccato un paio di pantofole che conserva da parecchio tempo per occasioni come queste. Prima di tutto, con un martello conficca un grosso chiodo in una delle due babbucce. Poi con un pezzo di carbone disegna un cerchio a terra, e lo cancella con l'altra. Quindi lei e la sorella tengono sospesa la prima pantofola in mezzo a loro, ognuna appoggiando gli indici sulle estremità del chiodo.

Uno ad uno, i servi vengono convocati davanti a loro e la padrona, rivolgendosi alla pantofola, domanda se il servo presente è il colpevole del furto con questa formula: "Oh, Nona, io reco il nome del tuo compagno e ti chiedo chi è il ladro. E' Aqbal?" La babbuccia resta immobile ogni qual volta un servo o una serva innocenti le si parano davanti. Verso la fine, quando al cospetto dell'oracolo  si presenta una delle ultime assunte, la pantofola rivela la sua colpevolezza oscillando improvvisamente verso l'alto, e descrivendo un angolo retto perfetto! 


Nel suo libro "La radiestesia, mezzo di conoscenza universale" il francese R.P.J. Jurion ricordando un episodio della sua infanzia scrive:  "Una veggente [...] ricorreva al seguente sistema: inseriva una chiave tra le pagine di un Vangelo di San Giovanni, tenuto chiuso con una cordicella, e reggeva la testa della chiave con gli indici delle due mani, posti l'uno contro l'altro; se si scarta da questo sistema quel tanto di occultistico e superstizioso, si trova un equilibrio fragile, che può rompersi con facilità." In sostanza anche quella guaritrice di campagna aveva ideato una sorta di "pendolo" efficace. 


Il pendolo nel mondo

La divinazione con il pendolo è diffusa in tutto il mondo, e lo strumento è costituito dai materiali più vari.

In Vietnam,sul delta del Tonkin, le donne usano legare un anello a uno dei loro lunghi capelli lisci, e lo tengono sospeso a una mappa per individuare persone scomparse; nel Suriname (Guyana Olandese) si usa un pezzo di tubo appeso a un filo: se il pendolo rimane immobile la risposta è positiva; nell'India settentrionale si usa uno strumento di nome shanam, costituito da una scatola sospesa a una catena: se lo shanam resta immobile la risposta è negativa; nelle Filippine si usa come pendolo una pietra, un pezzo di ferro o un tizzone ardente; gli indovini Eschimesi usano una vasta gamma di materiali da appendere a un filo: ciottoli, teschi di animali, immagini degli Spiriti Guardiani scavate nel legno, persino scarpe o cappelli delle persone che hanno bisogno di un responso; i Cherokee usano una moneta d'oro o d'argento, un pezzo di piombo, o comunque sempre qualcosa che proviene dalla Terra; ad Haiti gli indovini usano un anello appeso a un filo per stabilire l'innocenza o la colpevolezza di una persona: se l'anello oscilla avanti e indietro la persona è innocente, se descrive dei cerchi è colpevole.

In molte regioni il pendolo è utilizzato nella pratica della guarigione. 

Nella parte più settentrionale di quello che una volta era l'Impero Russo, le guaritrici diagnosticavano le malattie tenendo un crocifisso sospeso su una pagnotta coperta da un setaccio capovolto, sul cui bordo erano incisi i nomi dei mali allora più frequenti.

In Finlandia le indovine, mentre utilizzavano il pendolo, intonavano a occhi chiusi una cantilena particolare: "Se la malattia è mortale, oscilla in senso orario; se è causata da una maledizione, oscilla in senso antiorario; se viene dall'Acqua, va verso il Lago; se viene dalla Terra, va verso il Nord.".


Il corpo come strumento di divinazione

Anche il nostro corpo può essere usato come strumento per una pratica divinatoria basata sui principi della rabdomanzia.

Una tecnica diffusa sia in Himalaya che fra i beduini Siwa e Garah della Libia  per decidere se intraprendere un viaggio pericoloso è  quella di stendere le mani davanti a sè, con le dita degli indici o dei medi distanti che puntano l'uno verso l'altro. A occhi chiusi e lentamente si avvicinano le dita: se queste arrivano a toccarsi il responso sarà favorevole, se invece il contatto non avviene in modo preciso sarà meglio rimandare. Questa sequenza si ripete tre volte e il responso viene sempre rispettato.

Un altro metodo molto particolare in cui vigono gli stessi principi della rabdomanzia è la kiniesiologia, una tecnica diagnostica e terapeutica non riconosciuta dalla medicina convenzionale. Anche la kiniesiologia utilizza come strumento il corpo umano.

In "Segni e Presagi" ho trovato un esperimento interessante per sperimentare la kiniesiologia, stabilendo quale sarà la cura migliore per una persona indisposta. Per sintetizzare cercherò di spiegarlo a modo mio.

Bisogna essere in due: la persona indisposta e l'indovino. 

1) Si resta in piedi uno di fronte all'altro. L'indisposto chiude gli occhi.

2) L'indovino mette nella mano destra dell'indisposto una zolletta di zucchero e gli chiude la mano a pugno.

3) L'indisposto solleva il braccio fino ad avere il pugno davanti e sè, con il palmo della mano rivolto verso il proprio viso.

4) L'indovino spinge verso il basso il pugno fino alla posizione di partenza, facendo caso alla resistenza che l'indisposto oppone al suo gesto.

5) Si ripete la stessa sequenza rispettivamente con un'aspirina, una pasticca di vitamine, una bustina di tè e una di camomilla (o altri oggetti, a seconda dell'indisposizione)

6) Quando l'indisposto oppone una maggior resistenza alla sollecitazione dell'indovino, l'oggetto che tiene in mano in quel momento è la "medicina" ideale per guarire.

Una forma simile alla kiniesiologia, anche se non necessariamente utilizzata in ambito terapeutico, si trova presso gli Eschimesi. L'indovino avvolge l'estremità di un filo intorno alla testa di colui che pone la domanda, e lega l'altra estremità a un bastoncino. L'uomo con il filo attorno al collo si stende a terra e pone la domanda anche mentalmente. L'indovino solleva il bastoncino: se la risposta è positiva la testa dell'uomo diventa così leggera da alzarsi quasi da sola, se è negativa diventa così pesante che l'indovino non riesce a sollevarla.


Si potrebbe andare avanti per ore a citare tecniche divinatorie che hanno molto in comune con la rabdomanzia. La maggior parte di queste informazioni le ho trovate in "Segni e presagi", il libro che vi ho citato più volte in questi miei articoli. Ho preferito tralasciare molti altri esempi forniti da quel libro, perchè si basavano semplicemente su un sistema binario indipendentemente dallo strumento utilizzato, ma che alla fine con la rabdomanzia non avevano più molto a che vedere visto che il risultato dipendeva da varianti casuali, non legate ai movimenti inconsapevoli del ricercatore.

domenica 27 dicembre 2009

Letture di Natale: magia, mistero e brividi


-"Delitti di Natale" e "Altri delitti di Natale"

-"Leggende delle Alpi"

-"Le veglie alla fattoria di Dikanka"

-"Il mulino dei dodici corvi"


E' inevitabile, in questi giorni, scrivere un post dedicato al Natale.

Sicuramente anche una festività speciale come questa avrebbe meritato da parte mia uno sguardo al passato, alle sue origini precristiane e agli aspetti folkloristici che l'hanno sempre caratterizzata, ma purtroppo per mancanza di tempo e di concentrazione non sono riuscita a scrivere nulla in questi giorni. Però voglio indicarvi un contributo interessantissimo apparso in un sito su Stregoneria e Neopaganesimo altrettanto interessante e ben fatto, Luce di Strega. L'autore dell'articolo è Andrea Romanazzi, noto folklorista, e l'articolo s'intitola "La simbologia natalizia tra antichi rituali e tradizioni".

In quanto a me, invece, vorrei dedicare questo post ad alcuni fra i molti libri che hanno regalato ai miei Natali, anche quelli passati, quell'atmosfera particolare che amo tanto: da un lato calda e accogliente, dall'altro inaspettata, coinvolgente, magica e piena di mistero.

I libri che vi presenterò sono di genere completamente diverso l'uno dall'altro. Inizierò con due raccolte di racconti gialli, l'ideale per rilassarsi e provare qualche brivido senza dover affrontare letture particolarmente impegnative. Passerò poi a una raccolta di leggende da focolare, di grande interesse anche dal punto di vista antropologico. Quindi sarà la volta di un grande classico, e infine di un romanzo indimenticabile.


"Delitti di Natale" e "Altri delitti di Natale"

Partiamo dal Natale di quest'anno: ho appena finito di leggere una bella raccolta di racconti gialli (AA.VV.) esplicitamente dedicata al Natale, attinti alla tradizione anglo-americana che ha caratterizzato il giallo fra gli anni '20 e '40 : "Altri delitti di Natale". 

Quella precedente, "Delitti di Natale", l'avevo letta l'anno scorso in questo stesso periodo, ma sinceramente ho trovato migliore la seconda. Entrambe i libri sono editi da Polillo Editore e fanno parte della collana "I bassotti, Mystery Collector's Edition". Fra gli autori possiamo trovare i famosi Georges Simenon, Agatha Christie e Ellery Queen, insieme a molti altri decisamente meritevoli anche se meno conosciuti. 

A dir la verità non solo di gialli si tratta. Nella seconda raccolta sono presenti due "ghost stories" degne delle raccolte di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco: il misteriosissimo "Un paio di scarpe infangate" è uno di questi, nonchè uno dei miei preferiti. Altri racconti che ho apprezzato molto sono: "La mattina di Natale" di Margery Allingham, simpatico giallo d'atmosfera basato sull'equivoco; "La sorella Bessie" di Cyril Hare, un giallo cinico con un finale davvero inaspettato (in grado di superare tranquillamente i colpi di scena da soap-opera di Agatha Christie...); "Il Natale di Ballerino Dan" di Damon Runyon, tenero e umoristico, ambientato nel mondo degli allibratori, dei piccoli gangsters e dei giocatori d'azzardo tipico della New York degli anni '30; "Un Natale di Maigret" di Georges Simenon, maestro come sempre nel ricavare, dalle ambientazioni più squallide e dalla grettezza dei suoi personaggi, storie di grande suspence.


"Leggende delle Alpi"

Cambiando genere, nel Natale di due anni fa mi regalai "Leggende delle Alpi" di Maria Savi-Lopez (editrice Il Punto-Piemonte in Bancarella), un libro di folklore molto particolare la cui prima pubblicazione risale alla fine dell'800. 

L'autrice presenta le leggende del mondo alpino con uno stile poetico e suggestivo che rivela il suo grande talento di scrittrice, e nonostante la presenza di alcuni interventi moraleggianti tipici del suo tempo che possono infastidire il lettore moderno, il suo modo di raccontare mi ha immerso in quel mondo di rocce impervie, di cupe valli stregate, di baite sferzate da venti gelidi, di profondi abissi, di  ponti e passaggi incantati... Senza contare ovviamente che quest'opera, oltre che una lettura coinvolgente, è di grande interesse anche dal punto di vista mitico e antropologico. Insomma, sono proprio le classiche leggende ammalianti che nonni e nonne potevano raccontare ai nipoti davanti al focolare, mentre fuori l'ululato del vento fra le rocce e gli strapiombi imperversava, simile ai lamenti delle anime inquiete o degli esseri soprannaturali che popolavano la fantasia dei montanari.

I capitoli che mi hanno affascinata di più sono stati: Fate Alpine; La Caccia Selvaggia; Demoni Alpini; Draghi e Serpenti; Fantasmi; Montanari e Letterati; Folletti; Dannati; Fuochi Fatui; Alberi e Spiriti dei Boschi; Le Regine delle Nevi e gli Spiriti dell'Acqua; Le Streghe delle Alpi; Leggende sui Castelli; Laghi Alpini. Ma ci sono anche capitoli dedicati ai fiori alpini, alle leggende sulle campane, alle leggende sul Paradiso Terrestre e alle leggende di origine storica.

E' un libro che consiglio caldamente a coloro che vogliono conoscere gli aspetti mitici e folkloristici dell'arco Alpino, immergendosi nelle radici e nel tipico sentire della cultura montanara.


"Le veglie alla fattoria di Dikanka"

Nelle mie vacanze natalizie del 2003 il libro protagonista fu "Le veglie alla fattoria di Dikanka" di 
Nikolaj Vasil'evic Gogol' (Einaudi editore). 

In questa raccolta di novelle del grande Gogol', dove i personaggi, figure del mondo rurale tipico della Piccola Russia, sono alle prese con Diavoli e Streghe, c'è un racconto ambientato nella notte di Natale: "La notte prima di Natale". Qui, come nelle altre novelle dell'immaginario apicoltore Rudyj Panko (il narratore), le storie e i rapporti fra esseri umani e soprannaturali sono raccontati con un piglio ironico e scanzonato, sia che la storia abbia un lieto fine, sia che abbia una tragica conclusione. Nonostante l'aspetto umoristico della narrazione, molti dei racconti di Gogol' (vedi anche lo straordinario "Il Vij", che nonostante faccia parte de "I racconti di Mirgorod", un'altra sua raccolta, resta senza dubbio il mio preferito) sono pervasi di atmosfere misteriose, a volte proprio paurose, dove i personaggi si trovano coinvolti in tregende di diavoli e malefiche vecchiacce, voli nella notte a cavallo di fanciulle-vampiro, incantesimi lanciati da stregoni solitari venuti da lontano... solo con il coraggio e il senso pratico tipico del cosacco, o del fabbro, o del comune bracciante (a seconda del racconto) il protagonista potrà imporsi a questo grottesco mondo soprannaturale se non vorrà esserne sopraffatto. 

Comunque, Natale o non Natale, il mio racconto preferito di "Le veglie alla fattoria di Dikanka" è "La tremenda vendetta", seguito da "La sera della vigilia di San Giovanni" (anche se di questo ho trovato una traduzione decisamente migliore in "Storie di Vampiri" a cura di G. Pilo e S. Fusco: "La sera della vigilia di Ivàn Kupàla", perchè più fedele nella trasposizione delle espressioni colorite tipiche del linguaggio popolare ucraino usato da Gogol'), e infine da "Il luogo stregato".


"Il Mulino dei dodici corvi"

Veniamo ora a un romanzo di magia e mistero: "Il Mulino dei dodici corvi" di Otfried Preussler, Tea edizioni. 

Un libro così avrebbe meritato una recensione a parte, ma non ho resistito a metterlo fra questi libri di Natale. Sarà perchè la prima volta che l'ho letto era durante le vacanze di Natale del 1989 (allora era edito dalla Longanesi), sarà perchè finalmente, dopo tanti anni in cui era rimasto fuori catalogo, nel periodo di Natale del 2007 sono venuta a conoscenza della sua riedizione da parte della Tea, sarà perchè la storia di Krabat (il protagonista) comincia "fra Capodanno e il giorno dell'Epifania" e finisce tre anni dopo, la sera del 24 dicembre... e va bene, ne parlerò brevemente lasciandovi tutta la sorpresa!

Tempo fa ho dedicato una pagina del Vecchio Focolare a una fiaba russa sul tema della metamorfosi, probabilmente diffusa anche nelle regioni del nord-est europeo, da cui l'autore del "Mulino dei dodici corvi" può aver tratto ispirazione. Ma il romanzo contiene molte tematiche, fra cui, oltre quella della magia, l'importanza della libertà e la forza dell'amicizia e dell'amore. 

La storia è ambientata nel XVIII secolo in Sorabia (l'attuale Lusazia, una regione confinante con la Germania, la Polonia e la Repubblica Ceca settentrionale), una zona ricca di tradizioni, leggende e miti magici, dove le lande desolate e nebbiose, le paludi e le foreste, cupe in estate e innevate in inverno, sono lo scenario inquietante di questo romanzo fiabesco. Krabat è un giovane vagabondo che, dopo aver fatto uno strano sogno, decide di lasciare i suoi due compagni per raggiungere il luogo che gli è stato indicato, e lungo la via trova un misterioso mulino la cui trista fama fa tremare di paura gli abitanti dei dintorni... Pare che il mugnaio e i suoi dodici garzoni si occupino di affari ben più macabri che quello di macinare il grano. Krabat, per seguire il misterioso richiamo, si trova ben presto coinvolto in una vicenda dove magia nera, sparizioni, rituali negromantici, assassinii e maledizioni diventano un circolo senza uscita, da cui potrà essere liberato soltanto grazie alla fedeltà di un amico e alla forza dell'amore di una ragazza.

La narrazione di Otfried Preussler è lineare ma seducente, la descrizione dei paesaggi è semplice ma superba: in pochi tratti essenziali riesce a portare il lettore in mezzo alle brughiere innevate o nella tenebrosa foresta di Hoyerswerda, a suggerire il profumo del vapore esalato dai mucchi di letame, o del fumo che esce dai comignoli delle cascine di Schwarzkollm, i rumori misteriosi e i sinistri silenzi all'interno del mulino...

"Il mulino dei dodici corvi" è uno dei romanzi che più mi sono rimasti nel cuore.


Ora vi lascio, sto per cominciare "Guida alle Streghe in Italia" di Andrea Romanazzi (casa editrice Venexia). 

E voi? Che cosa vi piace leggere durante le serate del periodo di Natale, magari accoccolati su un divano alla luce soffusa di una vecchia lampada, quando fuori imperversa il gelo notturno o la neve?




La prima e l'ultima immagine sono scannerizzate rispettivamente dalle copertine dei libri di mia proprietà "Delitti di Natale" e "Altri delitti di Natale". Purtroppo il nome dell'autore di questi disegni non è citato. Per le altre immagini ho scannerizzato le copertine dei rispettivi libri.

mercoledì 9 dicembre 2009

La Rabdomanzia. Parte II: il Pendolo


Sommario:
-Procurarsi un pendolo
-Preparazione all'uso del pendolo
-La pratica vera e propria (Quante cose si possono fare con il pendolo?; Il diagramma delle categorie)
 
Continuando a parlare di Rabdomanzia, affrontiamo in questo post lo strumento forse più famoso e versatile in questo campo: il pendolo.
A dir la verità, non trovavo l'ispirazione necessaria a incominciare questo post, perchè il pendolo mi ha sempre ispirato una certa avversione. Forse perchè va così tanto di moda anche fra chi si approccia in modo superficiale alla Magia e alla Divinazione, spendendo un sacco di soldi per ninnoli new-age superdecorati, senza capire che il suo funzionamento dipende non tanto dalla pietra che vi si trova attaccata, ma proprio dalla forma di questo strumento e dai principi che regolano la rabdomanzia (vedi La Rabdomanzia. I parte: La Bacchetta del Rabdomante).
Però ho dovuto decidermi perchè l'avevo promesso, e per trovare ispirazione sono andata a risfogliare il libro "Segni e presagi" di Sarvananda Bluestone (Edizioni Il Punto d'Incontro), un testo secondo me davvero geniale perchè invita a sperimentare le varie tecniche di divinazione con lo spirito giocoso del bambino che scopre e osserva, sperimenta e inventa. Stupendo! Riguardando il capitolo sulla rabdomanzia (che anni fa mi aveva trasmesso la passione per le bacchette) in questi giorni mi sono dedicata alla pratica del pendolo, perchè prima di scrivere un post su un certo argomento  preferisco sempre sperimentare di persona.

Procurarsi un pendolo 
Se il pendolo è costituito da un filo (di qualsiasi materiale) alla cui estremità inferiore è fissato un peso, per avere a disposizione un buon pendolo basta poco: nel delta del Tonkin, per esempio, le donne usavano legare un anello ad uno dei loro lunghissimi capelli... insomma, basta anche solo avere a disposizione un filo a piombo da muratore per sperimentare la rabdomanzia e la divinazione con il pendolo. Io, lavorando in una rubinetteria, ho portato a casa una piccola sfera di ottone cromato (un componente per montare i "duplex") con un "foro passante" nel centro, vi ho fatto passare attraverso uno spesso filo di cotone, e poi l'ho intrecciato in modo da formare un unico cordino: ecco il mio pendolo.
Una volta che ci siamo procurati il nostro strumento ideale, vediamo come prepararci per utilizzarlo al meglio.

Preparazione all'uso del pendolo
L'altra volta avevo accennato all'importanza del formulare una domanda chiusa, cioè una domanda che abbia per risposta un sì o un no, o comunque una sola fra due alternative possibili. Di conseguenza, è necessario stabilire un'intesa fra noi e il nostro pendolo. Stabilire cioè come si muoverà il pendolo in caso di risposta affermativa e in caso di risposta negativa.
Un ottimo modo per stabilirlo può essere questo:
1)  Sedetevi a un tavolo con la schiena dritta e i piedi ben piantati a terra
2) Arrotolate sul dito indice il filo che sorregge il pendolo.  Appoggiate il gomito sul tavolo in modo che il pendolo non risenta dei movimenti involontari del vostro braccio.
3) Chiudete gli occhi  e rilassate progressivamente ogni muscolo del vostro corpo. Io lo faccio pensando ad essi come a dei palloni pieni d'aria che si sgonfiano. Trovo che sia una visualizzazione molto efficace.
4) Ora, sempre ad occhi chiusi, fate al vostro pendolo due domande che abbiano una risposta palese: la prima deve avere una risposta positiva, la seconda negativa. Per esempio, se indossate un paio di jeans la prima domanda sarà "Ho un paio di jeans?" e la seconda sarà "Ho un paio di pantaloni di velluto a coste?". Aprite gli occhi e guardate come si comporta.
In questo modo avrete stabilito il movimento che il pendolo assumerà quando vi comunicherà un sì e un no: io interpreto un movimento in senso orario come un sì, antiorario come un no. Ma potreste anche scoprire che il vostro pendolo vi comunica con un movimento in avanti-indietro quando la risposta è sì, destra-sinistra quando la risposta è no. Quando il pendolo resta fermo o oscilla in modo differente da quello previsto la risposta potrebbe essere un "Non so".
Allenandovi con quest'esercizio dovrebbe stabilirsi una buona intesa fra voi e il vostro pendolo. Allora potrete incominciare con la pratica vera e propria.

La pratica vera e propria
Per avere buoni risultati l'importante è evitare di farsi condizionare dalle proprie aspettative. Il libro cui ho accennato prima suggerisce che lo stato d'animo ideale per lavorare con il pendolo è quello del bambino in una mattina di Natale, che vede intorno a sè un sacco di pacchetti chiusi e semplicemente si chiede "Chissà che cosa ci sarà dentro?". E poi, prima di cominciare qualsiasi ricerca, ricordate quanto vi può essere utile fare l'esercizio della "Fontana" che avevo descritto in La Bacchetta del Rabdomante .

Io all'inizio avevo qualche difficoltà: non riuscivo a non influenzare il pendolo con le mie aspettative. Ho adottato questo sistema, e per me funziona a meraviglia:
1) Pongo la mia domanda guardando il pendolo, rivolgendomi direttamente a lui
2) Chiudo gli occhi, rilasso completamente i muscoli e penso ancora intensamente alla domanda
3) Sempre a occhi chiusi faccio l' "esercizio della Fontana" per far sì che la mia razionalità si metta da parte lasciando il campo alla mia consapevolezza superiore
4) Dopo un po' riapro gli occhi: il pendolo si sta muovendo, e in tal modo mi fornisce la risposta
Quante cose si possono fare con il pendolo?
Basta un po' di inventiva. Potete limitarvi a utilizzarlo per rispondere semplicemente a domande chiuse di qualsiasi tipo. Oppure potete utilizzarlo come una bacchetta da rabdomante per cercare erbe, funghi, tane di animali, posti dove la gente ha vissuto in passato (vedi sempre La Rabdomanzia. I parte), solo che invece di andare direttamente sul posto della ricerca con il pendolo è possibile lavorare su una cartina geografica o su una mappa locale. Provate in questo modo, e poi andate sul posto a verificare la percentuale dei vostri successi. Non scoraggiatevi, agite con l'ottica dello sperimentatore.
 Il diagramma delle categorie
In "Segni e Presagi" ho trovato un altro modo interessante per divinare con il pendolo: creare una sorta di mappa che illustra un certo ambito della nostra vita. Questa mappa è un diagramma a forma di semicerchio diviso in tanti spicchi, larghi abbastanza da permettere al pendolo di soffermarsi chiaramente su ognuno di essi. In ognuno di questi spicchi scriverete una risposta diversa. In questo modo si potrà porre al pendolo anche una domanda aperta.
Potete creare diagrammi che rispecchino gli aspetti più comuni della vita quotidiana, come amore, lavoro, salute, ecc., ma potete anche cercare di essere più fantasiosi, facendo dei diagrammi che vi aiuteranno a valutare i vostri rapporti con gli altri, o a risolvere problemi anche più prosaici.
Nel libro è riportato l'esempio di Anne Williams, una rabdomante che ha creato un diagramma contenente le varie parti meccaniche di un'automobile. Quando c'è  qualche guasto, in questo modo sarebbe possibile individuare cosa non va nella nostra macchina... Interessante! Inutile dire che è sempre fondamentale, in seguito, verificare di persona (o farlo fare da un meccanico) se le nostre previsioni erano corrette.
Per utilizzare il diagramma è sufficiente appoggiarlo su un tavolo o su una superficie piatta, e tenere il pendolo in modo che il peso sia sospeso sul punto in cui convergono le linee che delimitano gli spicchi. Dopo aver posto la domanda al pendolo, questi dovrebbe oscillare sullo spicchio che indica la risposta.
Io ne ho creato uno per il meteo. Era da sabato sera che le previsioni su internet per Fontaneto d'Agogna davano neve il giorno dopo, ma il mio pendolo dava solo coperto... è da sabato che aspettiamo la neve invano: devo dire che in questo caso la rabdomanzia ha dato dei buoni risultati!

Tutte queste pratiche con il pendolo possono essere considerate con scetticismo finchè non si prende in considerazione che lo scopo della rabdomanzia è, attraverso  qualsiasi strumento che sia in grado di reagire ai movimenti involontari del nostro corpo, quello di cercare nella nostra consapevolezza superiore, che meglio del nostro intelletto intuisce quali sono le risposte a quesiti di vario genere, anche al di là delle nostre conoscenze razionali. Per questo da molti radiestesisti la rabdomanzia, pur non essendo una scienza esatta, viene considerata un metodo di conoscenza universale, adatto ad investigare nel campo della mineralogia e dell'idrologia come nel campo dell'agricoltura e degli affari.

In questi due post sulla rabdomanzia sono stati presi in considerazione la bacchetta e il pendolo, i due strumenti più comunemente associati a questa pratica. Ma in tutti i tempi e in tutto il mondo la rabdomanzia è sempre stata una tecnica di divinazione molto diffusa, considerata molto efficace, e gli strumenti con cui è stata attuata sono estremamente vari e incredibilmente fantasiosi. Nel prossimo ed ultimo post ad essa dedicato passerò in rassegna alcune di queste tecniche affascinanti.

La prima immagine di questo post è stata tratta dal libro di mia proprietà "La radiestesia" di R.P.J. Jurion, edizioni Hoepli. La seconda e l'ultima immagine sono foto scattate da me del mio pendolo rudimentale (ma perfettamente funzionante, e anche molto natalizio!). La terza e la quarta immagine, quelle dei diagrammi, le ho "disegnate" con Gimp. 

sabato 5 dicembre 2009

Visualizzare la nebbia come portale per altri mondi


Avrei voluto scrivere questa visualizzazione a novembre, che nella mia zona rappresenta il mese della nebbia per eccellenza, ma purtroppo non ce l'ho proprio fatta.

In ogni caso, eccoci ai primi di dicembre di quest'anno. Sono giornate umide, piovose, e spesso non ancora freddissime.

L'altro sabato mattina però, mentre portavamo giù i nostri cani, uscendo dalla porta di casa ci siamo trovati immersi in una densa bruma misteriosa che confondeva e mutava tutto il paesaggio circostante. Le case nei paraggi erano del tutto scomparse. Si distingueva a malapena la ringhiera. La densità dell'aria si poteva tastare distintamente. E non faceva così freddo, anzi, per essere alla fine di novembre la temperatura si poteva quasi definire gradevole.  Regnava uno strano silenzio. La nebbia mi stava invitando in una sorta di intimo abbraccio.

Mi venne in mente la scena di "Amarcord" di Fellini, quando il nonno varca il cancello e si trova immerso in un'atmosfera fatata. Comincia a camminare borbottando e dopo pochi passi perde l'orientamento, per poi ritrovarsi ancora a due passi da casa sua. Sì, perchè quando ti trovi in mezzo alla nebbia più fitta, in un'ora in cui non c'è in giro anima viva, potresti essere dovunque: in città come in aperta campagna, in riva al mare o sul ciglio di un burrone. A malapena riesci a distinguere i suoni lontani, perchè anch'essi vengono attutiti.

Nonostante la nebbia generi quasi sempre un senso di insicurezza, io la trovo estremamente seducente, e ho voluto incorporarla nelle mie pratiche di visualizzazione. Il suo scopo è principalmente quello di fungere da portale per penetrare in nuovi mondi: spesso si ricorre a immagini evocative tipo una porta misteriosa, un tronco d'albero cavo, una scala  a chiocciola discendente o ascendente, a seconda delle circostanze... la nebbia, con la sua mutevole densità, ha la capacità di celare e di mostrare all'improvviso nuovi luoghi, reali o immaginari.

Ora vi descriverò la visualizzazione che uso in vari tipi di meditazioni ed esercizi per raggiungere gradualmente il mio luogo incantato: una spelonca in cima a una montagna con al centro un focolare fatto di pietre. Quando lo raggiungo, che sia notte o che sia giorno, accendo il fuoco, o se lo trovo già acceso... ma questa è un'altra storia, qui vi descriverò solo il tragitto che compio  immersa nella nebbia. 

Siccome il percorso che faccio per raggiungere il mio luogo segreto è molto accidentato, di solito mi faccio accompagnare da un animale (la scelta dell'animale dipende dal mio stato d'animo o da esigenze rituali particolari). In questa visualizzazione è molto importante la presenza di questo elemento: l'animale in realtà non è solo un di più. Egli rappresenta essenzialmente una parte di noi, ovviamente la parte più intuitiva, più vicina all'essenza primordiale dell'Universo. Il farci guidare da un cane, da un lupo, da una lepre o da ciò che preferiamo ci metterà nelle condizioni migliori per seguire il nostro Sé nei suoi viaggi, lasciando da parte il nostro intelletto (la parte più critica e razionale). In questa visualizzazione partirò da casa mia da sola, per poi incontrare un asinello durante il cammino. La casa da cui parto non è quella attuale: è il grigio condominio dove abitavo da bambina. Ciò renderà meglio l'idea di come, grazie alla visualizzazione della nebbia, si possa facilmente passare da un posto all'altro, anche se diversissimi tra loro.


In viaggio verso il luogo fatato

Esco di casa, un condominio uguale a tanti altri nella periferia di una cittadina di provincia uguale a tante altre. Lascio che il portone si chiuda sbattendo alle mie spalle. Mi trovo improvvisamente immersa in una nebbia densa e inquietante, che s'insinua all'interno dei portici e confonde le prospettive. E' primo mattino: in giro non c'è anima viva. Inizio a incamminarmi sotto il portico, per poi dirigermi verso un marciapiede scoperto; e via così verso un incrocio, dove nella nebbia riesco appena a distinguere il lampeggiare intermittente di uno dei pochi semafori rimasti. Mentre cammino la nebbia s'infittisce ancor di più. Posso rendermi conto di dove sono solo perchè sento l'intenso e gradevolissimo profumo del pane provenire da un forno nelle vicinanze. Sto passando davanti al portone semiaperto di una di quelle case vecchie di cortile, da cui in lontananza si sente, attutito, il canto solitario di un gallo. 

Mentre continuo ad addentrarmi in quella cortina impenetrabile di vapore, fiancheggio una ringhiera di ferro battuto, i cui eleganti ornamenti cesellati mi sorprendono un poco. Da quando nella via Xxxx ci sono cancellate così belle? Arrivo a quello che sembra essere il cancello principale e lo trovo aperto: capisco di essermi persa, ma l'entrata è così invitante che, senza esitazione, decido di scoprire che cosa c'è dall'altra parte. La nebbia si dirada un pochino, ma io continuo a procedere con cautela su un bel selciato. Dopo qualche decina di metri il viale inizia a mostrarsi nel suo aspetto trascurato; posso distinguere solo poche spanne davanti a me, ma i miei passi incespicano su un viottolo disconnesso e rovinato dalle intemperie. I ciottoli si fanno sempre più rari, e lasciano gradualmente il posto a una strada sterrata in salita. In tutto questo vacuo biancore riesco appena a intravedere i cespugli di more che fiancheggiano il sentiero, invadendolo prepotentemente. Il profumo di terra umida, di funghi, di foglie marce e di sottobosco autunnale è inebriante, e mi rendo conto di essermi inoltrata in aperta campagna. Piccoli tratti di boschetti si alternano ai campi aperti, ma la bruma si fa sempre più fitta. 

Con un brivido sottile mi metto a fantasticare sulla sensazione che si prova a starsene in un grande prato, circondati da questo mare di nebbia: niente sentieri, niente alberi, nessun riferimento... Ed ecco che proprio in quel momento sento un respiro umido e caldo sopra la mia spalla. Mi volto. Con piacevole sorpresa mi trovo ad ammirare da vicino il bel testone di un giovane somaro, in vena di scorribande per la campagna. Curioso mi annusa, sporgendo i labbroni grigi e vellutati, e incomincia ad affiancarmi in questo misterioso cammino. 

La salita si fa sempre più irta. Quel poco di paesaggio che posso distinguere intorno a noi è sempre più selvatico e incontaminato... i profumi della terra arrivano a deliziare le mie narici sempre più sensibili... il non sapere dove sto andando non mi preoccupa più di tanto: il mio compagno sembra perfettamente consapevole del tragitto da percorrere. Il fatto che quando rallento per la stanchezza lui si fermi ad aspettarmi con aria amichevole mi dice di seguirlo senza farmi troppe domande. Nella fitta nebbia spiccano i suoi occhi grandi, pazienti, saggi come quelli di un vecchio eremita e nel contempo vivaci e fiduciosi come quelli di un cucciolo. Sono occhi antichi come l'Universo. Mi parlano, e io riesco a comprendere ogni cosa. Mi sento al sicuro con l'asinello. Osservo le gocce di condensa sul suo ispido mantello, e provo un grande senso di aspettativa. 

Intanto si è fatto buio. La Luna è alta nel cielo, e si riflette nel luminoso mare di nebbia bianco latte, che ci avvolge come un abbraccio misterioso. A volte riesco appena a intravederla fra i rami spogli degli alberi che circondano il tracciato. Stiamo salendo su una montagna. Quando il terreno si fa più aspro e scosceso, l'asinello mi fa salire in groppa. Quando il sentiero è più agibile, gli dico di farmi scendere perchè voglio camminare al suo fianco. 

Intorno a noi sempre la nebbia, ambigua, che a tratti si dirada e a tratti torna densa, quasi fossimo immersi in un mare di nuvole. Rocce, arbusti e alberi si intravedono a tratti... Improvvisamente, in alto e in lontananza (ma molto più vicino di quanto mi aspettassi), riesco a scorgere una lieve bagliore. All'inizio ho l'impressione di confondermi, ma mentre continuiamo a inerpicarci la luce s'ingrandisce, penetra il muro di nebbia sempre più distintamente. Mi chiedo se per caso stiamo raggiungendo qualche paesino di montagna, ma la fonte di quel bagliore è l'unica visibile. Ormai siamo abbastanza vicini per capire che si tratta dello sfavillare di un falò. So che la nostra meta è proprio quella. Mancano pochi passi, ed ecco che arriviamo a un pianoro su cui si affaccia una spelonca scavata nella roccia. Quando entriamo veniamo avvolti dalla luce calda del fuoco, dallo sfavillare delle sue fiamme e dalla fragranza della legna che arde. Sfiniti, ci lasciamo alle spalle quella misteriosa nebbia incantata, che forse, con la sua costante presenza, ci ha trasportati fino al nostro luogo fatato.


La prima immagine di questo post è una foto scattata da Roccol'ho scaricata da Picasa, e s'intitola "La nebbia nasconde la città di Cassino allo sguardo di chi la cerca". La seconda immagine è una foto scattata da Imerio, e s'intitola"La Val d'Ossola ripresa dal Lusentino in una giornata di nebbia". Anch'essa è su Picasa. La terza immagine è una foto scaricata dall'album di Talba e s'intitola "Sunset by the small river". La quarta immagine è una foto scattata da Goaluca, s'intitola "La riposa", ed anch'essa, come la prima, è disponibile su Picasa. L'ultima foto l'ho scattata io, in una nebbiosa notte di Luna Piena.

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